Testimonianza di A.

A. è una signora di 45 anni, avvocato. Soffre di attacchi di panico da molti anni. Prende farmaci e una segue una psicoterapia di tipo analitico.

I miei attacchi di panico sono iniziati dopo la morte di mia sorella in un incidente, sette anni fa. All’inizio non sapevo cosa mi stesse succedendo, anche i medici parlavano di stress e di ansia, tutto sommato normali dopo un lutto. Ma per me era qualcosa di terribile che mi bloccava completamente, non riuscivo più a lavorare e dovevo sempre essere accompagnata da qualcuno per uscire da casa. Finalmente un giovane psichiatra mi diagnosticò i DAP e mi diede dei farmaci che cominciarono a migliorare i sintomi. Entrai anche in analisi. Stavo meglio, non c’era dubbio. Ma non era la guarigione. Mi sentivo dipendente dalle pastiglie e non potevo lavorare senza averle prese e senza portarmele sempre dietro. Una volta, si scatenò un attacco di panico solo per il fatto di essermi accorta, nel mio studio, che avevo lasciato a casa il flacone.

Capivo che tutto era legato a una mia fragilità, a una mia incapacità ad affrontare la realtà. La morte che nella mia vita era stata molto presente mi teneva sotto scacco finché non l’avessi guardata in faccia. Io non volevo farlo. Avevo perso un mio compagno di scuola quando avevo 7 anni, era il mio amico, il mio fidanzatino. Allora avevo reagito “normalmente” in apparenza, ma avevo cominciato ad avere bisogno della luce per potermi addormentare e rimanevo a lungo con gli occhi aperti con una leggera ansia, come se dovesse succedere qualcosa. Poi la morte dei miei genitori, prima mia madre e poi mio padre, quando ero già adulta . Ero lontana in entrambi i casi, sensi di colpa. Razionalmente tutto mi era chiaro, ma qualcosa mancava, un anello della catena, qualcosa che trasformasse in vissuto tutte le mie comprensioni, qualcosa che provocasse un corto circuito dentro di me, scombussolasse tutte le carte e le rimettesse insieme in un altro modo più giusto, più ordinato.

Sono arrivata al rebirthing come all’ultima spiaggia, un po’ scettica, un po’ fiduciosa. Avevo bisogno di sperare che fosse possibile riprendere a vivere senza più quell’ombra minacciosa.

Per molte sedute (cinque, sei … quante?) provo terribili crampi e blocchi in tutto il corpo, mani, piedi, gambe, la faccia, la testa, l’addome, i genitali, il petto, tutto il mio corpo s’irrigidisce, si contrae, spasima. A volte accompagnati da forte ansia, a volte no. Poi continuando a respirare rivivo il mio passato. Il passato è vissuto in diretta, non ci posso credere. E non esiste il principio di non contraddizione perché sono allo stesso tempo due persone, quella di ora e quella di allora. Vivo molti stati di ansia, non veri e propri attacchi di panico, ma i sintomi ci sono tutti: la tachicardia, il senso di soffocamento, ondate di calore e di freddo, formicolii. Eppure qui, con il sostegno della persona che mi assiste, e con il respiro, ci passo in mezzo: è come se non fossero me. Ci sono, e poi se ne vanno e io li osservo venire e andare. Comincio a sentire che sto deponendo pesanti fardelli che ho portato per anni, avverto un cambiamento sottile non decifrabile, sono più serena, più fiduciosa.

Il vero punto di svolta avviene dopo una seduta in cui, dopo aver provato molte sensazioni fisiche, avverto come una presenza benefica … penso a mia sorella, la musica è una nenia indiana che mi culla, cado in una pace fatta di luce, poi mi allargo, non sono più il corpo, mi lascio andare, mi lascio andare, fluttuo, fluisco, sono immateriale. Mi vedo come in un sarcofago. Questa è la morte penso, staccarsi da tutto, lasciarsi andare, andare verso quella pace, quel silenzio luminoso. Non più paure, preoccupazioni, ieri, domani in questo “brodo” in cui sono immersa che mi sostiene, mi ama, mi nutre. Sento una corrente salirmi lungo la schiena, serpentina, ondulatoria, sale e salgo con lei. Mi trovo con la testa appoggiata sulle ginocchia di qualcuno vestito di bianco che mi tiene una mano sulla testa.

Il mio cammino continua, respiro da sola ormai, e ogni tanto faccio una seduta con la dottoressa perché è comunque diverso. Mi chiedo come mai la respirazione e il rebirthing non siano più conosciuti, più diffusi. Se l’avessi trovato prima, quanti anni avrei guadagnato… No, non è vero, un’altra cosa che ho imparato è che, come dice l’Ecclesiaste, c’è un tempo per ogni cosa.